Direttiva Europea Case Green approvata: ora cosa succede?

Cosa comporta l’approvazione di questa direttiva di cui si parla da mesi?

Direttiva Europea Case Green approvata: ora cosa succede?

Un tema molto caldo e che sta facendo discutere parecchio, quello dell’approvazione della Nuova Direttiva Case Green (Energy performance of building directive, Epbd), avvenuta in via definitiva il 12 marzo scorso. 

A Strasburgo, il Parlamento Europeo ha approvato con 370 voti, contro 199 e 46 astenuti, l'accordo raggiunto in "trilogo" con il Consiglio Ue che stabilisce nuove norme per le prestazioni energetiche nell'edilizia. 

Queste regole mirano a ridurre gradualmente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore entro il 2030, con l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Tuttavia, per entrare in vigore definitivamente, la direttiva deve ora ricevere l'approvazione formale anche dal Consiglio dell'Unione Europea e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per l’entrata in vigore.

Ma nel dettaglio, cosa significa?

 

Case Green, cosa prevede la Direttiva Europea nel dettaglio

 

Per prima cosa, tutti gli edifici privati di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero, a partire dal 2030. I nuovi edifici occupati dalle autorità pubbliche o di loro proprietà dovranno raggiungere questo obiettivo due anni prima, cioè nel 2028. 

Pertanto, tutti gli edifici pubblici dovranno essere ad impatto zero. 

Per quanto riguarda gli edifici residenziali non di nuova costruzione, i Paesi Membri dovranno adottare delle misure volte a garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. L'obiettivo ultimo del 2050 è portare le emissioni a zero.

In parole povere: bisogna fare un efficientamento energetico di tutti questi immobili, entro tale data, di almeno il 16-22%. 

Gli Stati Membri dovranno inoltre ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali che hanno le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo i requisiti minimi nazionali di prestazione energetica da rispettare per tutto il settore dell’edilizia. 
 

Inoltre, i Paesi Membri dovranno:

  • Entro il 2025: vietare la concessione di sovvenzioni alle caldaie autonome a combustibili fossili (rimarranno gli incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore);

  • Entro il 2030: se tecnicamente ed economicamente fattibile, garantire l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici, in quelli non residenziali e in tutti i nuovi edifici residenziali;

  • Entro il 2040: dovranno spiegare come intendono predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento e raffreddamento, eliminando gradualmente i combustibili fossili utilizzati in questi sistemi;

La nuova normativa non si applicherà agli edifici agricoli, agli edifici storici e sarà possibile escludere anche altri edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto. 

 

Case green: la situazione italiana

 

Secondo i dati forniti dal Centro Studi di Unimpresa, il patrimonio immobiliare italiano, in gran parte costruito prima della Seconda guerra mondiale, conta un totale di 12.498.596 unità. La maggior parte di queste unità, pari al 61% del totale, rientra nelle categorie F e G, con 3.157.942 unità (25,3%) e 4.464.582 unità (35,7%) rispettivamente. In altre parole, tre su cinque abitazioni italiane, ossia 7.622.524, sono classificate come appartenenti alle categorie peggiori.

L'attuazione di questo piano di risparmio energetico comporterà la ristrutturazione di tutti gli edifici interessati, il che implicherà un costo medio di circa 35.000€ per famiglia. Su scala nazionale, ciò si tradurrebbe in un investimento complessivo di 270 miliardi di euro sull'intero territorio italiano.

Il calcolo è stato condotto con l'obiettivo di migliorare di una o tre classi energetiche, al fine di conformarsi alle direttive e garantire una distribuzione uniforme degli immobili in ogni classe energetica. 

Per raggiungere questo obiettivo sono necessari interventi esterni come l'isolamento dell'edificio e la sostituzione della caldaia, con la possibilità di installare pannelli fotovoltaici. Al contempo, interventi come la sostituzione di serramenti e finestre e la potenziale sostituzione di impianti a gas con soluzioni meno inquinanti sono fondamentali per gli edifici classificati nelle categorie energetiche inferiori.

Va sottolineato che questa stima non tiene conto della neutralità energetica (NZEB), ma si concentra esclusivamente sul miglioramento energetico previsto dalle direttive europee entro il 2030.

Secondo il Codacons, gli interventi di riqualificazione energetica previsti dall’Ue potrebbero determinare nel medio termine effetti enormi sul mercato immobiliare, portando ad una svalutazione fino al 40% del valore degli immobili non oggetto di lavori di riqualificazione.

Questa situazione potrebbe rappresentare una grave sfida per chiunque sia interessato a vendere la propria abitazione, e potrebbe diventare particolarmente critica nel caso peggiore, dove ci si trovi a rischiare la perdita dell'immobile all'asta. In tal circostanza, il ricavato dall'asta potrebbe risultare del tutto insufficiente per estinguere il debito residuo, lasciando così le persone ancora gravate dal peso del debito anche dopo la perdita della casa.

 

La soluzione che azzera il debito? Saldo e stralcio con rinuncia agli atti

 

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